
Mai come quest'anno tra Pasqua, festa della liberazione e 1 maggio, ci sono stati così tanti ponti e festività da indurre gran parte degli italiani a partire per una breve fuga dalla vita quotidiana o per un weekend più o meno lungo.
I più fortunati hanno potuto accorpare tutti questi ponti e si sono concessi una vera e propria vacanza alla pari di quelle che solitamente si organizzano in estate; l'altra parte invece, si è dovuta accontentare di qualcosa di più breve ed infine un'ultimissima parte per svariati motivi ha scelto di restare a casa.
Oggi voglio partire da questa premessa per parlare di un fenomeno che si sta sempre più diffondendo tra la maggior parte degli italiani - o almeno così sembra emergere da una recente ricerca effettuata su un campione di persone - ossia la tendenza ad indebitarsi pur di andare lo stesso in vacanza. Tale tendenza, definita con l'acronimo FOMO, sta ad indicare la "Fear of Missing out".
La FOMO che, a prima vista, può sembrare ai più solo uno strano acronimo (o per le nuove generazioni solo un hashtag carino da usare sui social), indica invece una vera e propria trappola psicologica nella quale tutti noi, in misura più o meno maggiore, siamo almeno una volta incappati.
Usando un linguaggio semplice - e senza entrare troppo in profondità nella psicologia - la FOMO è quella vocina che si insinua lentamente dentro la nostra testa ogni qualvolta "scrolliamo" sui social e vediamo persone più o meno conosciute fare cose, divertirsi, essere in posti bellissimi più o meno lontani mentre vivono e appaiono sempre "al massimo"... o almeno così ci sembrano.
Già perché il verbo "sembrare" non l'ho utilizzato a caso ma anzi, calza perfettamente per l'argomento trattato e il perché è piuttosto semplice: presi infatti dalla foga di voler postare continuamente sui canali social, ossessionati dai trend del momento di fare questo o quello perché "va di moda" nonché spinti dall'andare in un luogo anziché in un altro solo perché l'influencer preferito ci è stato, cadiamo proprio nella trappola della FOMO la quale ci porta a credere che, mentre noi siamo fermi, il resto del mondo stia correndo verso esperienze migliori, più belle e più "degne" di essere vissute e facendoci sentire, in tal modo, "tagliati fuori", in ritardo e soprattutto inadeguati rispetto agli altri.
Tramite un meccanismo psicologico alimentato dal confronto costante nonché da una narrazione tossica che confonde visibilità con valore generando ansie sempre crescenti, la FOMO è proprio quel pensiero nella testa che ci porta a domandarci:
- Se non lo posto sui social, è successo davvero?
- Se non lo condivido nel preciso istante in cui lo faccio, conta lo stesso?
Da tutto ciò è quanto mai facile desumere che nella mente si inneschi un circolo vizioso piuttosto difficile da rompere, alimentato proprio da quella foga di apparire e di ostentare che, a sua volta, ci convince che ci manca qualcosa se non siamo dove “sono tutti".
Ma la verità è che, spesso, è proprio quello che ci manca a salvarci.
A prima vista potrebbe suonare come una frase fatta ma è invece pura verità quando si legge che i social non sono la "vera realtà" e che la vita vera si svolge fuori da ogni piattaforma.
Però proprio come quando guardiamo il trailer di un film (o di una serie tv) e ci facciamo un'idea (sulla base della quale scegliamo poi di guardare o meno quel film), i nostri profili social rappresentano proprio i trailer della nostra vita e tutti noi - chi più chi meno - ci sforziamo affinché il presunto trailer della nostra vita sia "bello da guardare" agli occhi degli altri.
Tuttavia spesso e volentieri, così come i trailer mostrano solo il 5% di quella che è la trama reale di un film anche i nostri profili social mostrano solo una piccolissima parte della nostra vita e soprattutto rendono visibile solo quello che noi scegliamo di voler mostrare. Ne va di conseguenza che nessuno sceglie di mostrare i momenti tristi che - piccolo spoiler - tutti noi viviamo, invece, nella vita.
Dunque escludendo coloro che con i social ci lavorano e prendendo in considerazione esclusivamente noi persone comuni che utilizziamo i social solo per passione, c'è da sottolineare il fatto che alcune persone con bassa autostima (ed elevati tratti di narcisismo) si fanno prendere talmente tanto dall'ansia di apparire sempre al top e di "creare" quello che sembra a tutti gli effetti un mondo virtuale perfetto sui loro social, da trascorrere ore e ore a migliorare in tal senso i propri profili, finendo infine con il credere che il "volto" mostrato sui loro canali multimediali sia davvero la realtà. In poche parole tali persone finiscono per immedesimarsi talmente tanto con la versione di sé stessi creata (e ostentata sui social) da autoconvincersi che proprio quella sia la loro vera realtà e non la vita fuori da essi.
Eppure, nonostante sia facilmente comprensibile quanto il continuo confronto con gli altri a lungo andare danneggi la propria autostima personale, tutti ci cadiamo (o ci siamo caduti) almeno una volta.
La spiegazione di tale comportamento è che il nostro cervello registra ciò che vede - inducendoci a sentirci continuamente "manchevoli" di qualcosa - ed opera un confronto continuo con le vite degli altri ponendoci anche in una continua competizione negativa con degli estranei dei quali, in fin dei conti, non sappiamo nulla delle loro vite, dei loro sacrifici, delle loro gioie e dei loro dolori e mostrandoci, allo stesso tempo, la nostra realtà sempre come quella più grigia, lenta e noiosa.
Per usare un detto molto comune, la FOMO ci porta quindi a credere che l'erba del vicino sia sempre più verde della nostra.
A proposito del raffronto continuo sui social, in psicologia si parla di disconnessione identitaria che è un concetto molto interessante secondo il quale più tempo passiamo a osservare la vita idealizzata degli altri, più perdiamo contatto con la nostra.
Eppure è proprio qui che nasce il disagio perché così facendo si rischia di vivere per emulare ciò che si vede perdendo il contatto con ciò che si è davvero e ciò che si sente.
Secondo la Dr. Sherry Turkle, psicologa del MIT di Boston nonché autrice di "Alone Together: Why We Expect More from Technology and Less from Each Other":
“Il confronto sociale costante sui social media può alterare la percezione di sé, aumentando ansia, invidia e senso di inadeguatezza.”
Questo fenomeno si ricollega proprio al tema delle vacanze a credito (accennato nella premessa di quest'articolo) che sempre più persone scelgono di fare - in Italia ma sono sicura anche all'estero - pur di emulare e di non essere "tagliati fuori" dai trend del momento. Si è disposti a pagare rate per voli, hotel, cene gourmet: tutto pur di poter dire “anch’io c’ero” o "anch'io l'ho fatto" per poi poterlo postare sui social.
Ma qual è però il prezzo di tutto ciò?
Viviamo un’epoca in cui la priorità non è più quella di essere felici ma quella di essere visti a tutti i costi per cui una vacanza non è più considerata come un’occasione per rigenerarsi e rilassarsi, ma come una vera e propria vetrina da allestire e da immortalare.
E se la vacanza non puoi permettertela?
Poco importa perché pur di evitare un confronto ed uscirne perdenti meglio ricorrere al credito al consumo. L’importante, infatti, è far vedere che ci sei anche tu!
Per fortuna però, a tutto ciò c'è un antidoto ed è una corrente di pensiero alternativa la quale si sta facendo strada piano piano (soprattutto tra le persone più riflessive e tra quelle con un’autostima ben salda) ed è conosciuta con l'acronimo di JOMO ovvero la "Joy of Missing Out". Anche in questo caso la JOMO non è solo un hashtag cool e alternativo ma indica proprio un atteggiamento, chiaramente contrapposto a quello della FOMO, ed è rappresentato dalla volontà di NON esserci, dal piacere di non fare qualcosa, di non seguire i trend del momento, di non andare dove tutti vanno e di fare solo ciò che si sente davvero senza l'ansia di doverlo necessariamente postare come dimostrazione del "c'ero anch'io".
In parole povere la JOMO significa essere in un luogo sia fisicamente che mentalmente
Significa prendersi il lusso di stare fermi mentre il mondo corre. Senza sentirsi in colpa.
Significa leggere un libro seduti comodamente sul proprio divano e non sentire il bisogno di farlo sapere. È fare giardinaggio, cucinare o qualsiasi altra attività si ha il piacere di fare senza sentire l'esigenza di essere online.
Significa scegliere di ri-entrare in contatto con sé stessi imparando a distinguere ciò che si vuole davvero da ciò che viene imposto come desiderabile dalla società e dai trend del momento.
In una frase JOMO vuol dire tornare ad essere presenti nella nostra realtà e nella nostra vita che, sebbene possa apparire meno scenografica di quella mostrata sui social, è però sicuramente più vera e più ricca di valore.
Perciò ogni volta che si sceglie di non pubblicare, ogni qual volta si decide di "esserci" solo per se stessi o si spegne il telefono, in quel preciso momento si sta praticando la JOMO attraverso un atto di cura verso se stessi.
Perché la vera felicità, quella che riempie il cuore e fa brillare gli occhi, non ha bisogno di prove sociali, né di filtri o di conferme.
Perciò se non sei in vacanza, va bene!
Se non hai alcuna foto da postare, va benissimo!
Ma soprattutto se ti stai perdendo qualcosa è perché forse stai ritrovando la cosa più importante di tutte... te stesso e la tua autenticità!
Per approfondimenti puoi consultare questi link:
È una grande e reale verità. Sembra che viviamo nel film Matrix.
In effetti il concetto FOMO racchiude un potenziale senso di frustrazione pericolosissimo per i giovani (in particolare gli adolescenti) alle prese con i social. E la frustrazione si fa sentire, poi concretamente, nel momento in cui si ritrovano a confrontarsi con la cruda realtà di non riuscire a raggiungere lo stesso obiettivo (che sia il viaggio/ la vacanza, che sia l’ultimo capo di moda, che siano le esperienze “straordinarie”, ecc…) che gli altri invece, “apparentemente”, sui social ha raggiunto con successo.
Questo senso di frustrazione va ad influire negativamente sulla percezione della propria autostima, soprattutto perché non si è in grado- perché presi psicologicamente dall’ “ossessione di non essere fuori”- di distinguere le vere cause della non realizzazione (non voglio chiamarlo insuccesso). Non si è in grado di prendere coscienza della propria personalità, delle proprie potenzialità che, molto probabilmente, non sono state compatibili con quel dato scopo “estraneo”;mentre si dimentica la possibilità di potercela fare in altri scopi “propri”.
E se si amplifica ancor più questa tendenza tra i giovani sarà molto più difficile insegnare loro una “tolleranza alla frustrazione”.
Altro punto sul quale riflettere è “l’autenticità che si pretende, invece, di voler ribattere con la JOMO: a mio parere si tratta di un’autenticita’ “presunta” perché sembra, invece, mossa dal solo motivo di dimostrare di reagire in maniera ribelle alla FOMO; ma mi chiedo: “È davvero ciò che io vorrei fare in questo momento o lo faccio, in modo diverso (alla FOMO), x dimostrare?”