È giusto vietare il cellulare a bambini e adolescenti?
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È giusto vietare il cellulare a bambini e adolescenti?
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È di qualche giorno fa la circolare del Ministro dell'Istruzione Valditara che vieta l'utilizzo alle scuole superiori dello smartphone. Dopo averne vietato l'uso l'anno scorso agli studenti minori di 14 anni, il Ministero ha deciso di fare un ulteriore passo avanti estendendo il divieto praticamente a tutti gli studenti.

L'esigenza di porre un freno agli smartphone è nata dai recenti studi dell' Organizzazione mondiale della Sanità che evidenziano i danni causati alla psiche dei giovani: effetti negativi sul sonno, sulla concentrazione, disturbi dell'apprendimento fino ad arrivare ad una vera e propria dipendenza dal cellulare.

Jonathan Haidt, noto psicologo americano, nel 2024 ha pubblicato un libro molto interessante sul tema, "La generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli", titolo molto esaustivo sull' argomento. Gli studi del professor Haidt si sono concentrati sull'impatto che i social network hanno avuto sulla salute mentale della Generazione Z, ovvero i nati dal 1996 al 2012.

Questi studi non sono per nulla incoraggianti, anzi ci raccontano una situazione abbastanza drammatica: la Gen Z è stata la prima ad aver affrontato la pubertà e poi l'adolescenza utilizzando gli smartphone e i social network, i primi ad aver sperimentato la transizione da una infanzia basata sul gioco ad una basata sul telefono.

Lo spostamento dal mondo fisico al mondo virtuale ha dato agli adulti la sensazione di poter sempre controllare i figli ma mentre gli adulti hanno iniziato a proteggere eccessivamente i bambini nel mondo reale, li hanno lasciati privi di sorveglianza in quello online.

Ovviamente questo tipo di approccio ha interferito con lo sviluppo neurologico dei bambini. Il risultato? Sempre più bambini e poi adolescenti soffrono di ansia, isolamento sociale e addirittura depressione, oltre ai già citati problemi di dipendenza da social.

Se noi adulti di oggi, proviamo un attimo a riflettere sulle nostre abitudini quotidiane, ci possiamo facilmente rendere conto di come la nostra vita ruoti quasi interamente intorno all'utilizzo dello smartphone o del pc per qualsiasi cosa: dal lavoro al tempo libero, il telefono ci assorbe gran parte del tempo e dell'attenzione. Eppure non siamo né nati né cresciuti con il cellulare, molti di noi ricordano abbastanza bene come era la vita prima che arrivassero gli smartphone.

Oggi i ragazzi nati alla fine degli anni '90 non sanno cosa significhi vivere senza cellulare e questo, alla luce degli studi di Haidt, non può essere più considerato un "plus" ma al contrario è un deficit. Il "minus" in questo caso è rappresentato dai problemi psicologici, dai problemi di socializzazione, dal non riuscire a vivere al di là del mondo virtuale.

Se la vita "reale" di un adulto di oggi già è difficile di per sé, come potranno i giovani approcciarsi al futuro se sono stati abituati soltanto a confrontarsi nel mondo virtuale? Che adulti diventeranno se oggi sono bambini e adolescenti ansiosi e frustrati?

Il consiglio degli esperti è sostanzialmente quello di riportare la Generazione Z cresciuta sui social nella vita reale e vietare l'utilizzo sia ai bambini che agli adolescenti degli smartphone, quindi ben vengano le Norme che ne vietano l'utilizzo almeno nelle scuole, senza però dimenticare anche l'educazione familiare e l'utilizzo a casa. In quest'ultimo caso il controllo è più complesso perché bisognerebbe prima insegnare ai genitori un uso corretto degli smartphone, in modo tale da evitare di vedere scene (sempre più frequenti) in cui a bambini piccolissimi (anche di nove mesi) viene dato uno smartphone in mano che funge da Tata.

Se Haidt ha posto l'accento su come i social stiano rovinando la crescita dei bambini, personalmente sento il dovere di discolpare i giovanissimi da certe responsabilità e puntare invece il dito contro i loro genitori, troppo spesso incapaci di gestire il rapporto tra i loro figli e la tecnologia.

Ben venga quindi, prima di tutto l'educazione ai genitori, poi il resto verrà da sé.

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