
Qualche giorno fa, il 25 giugno, è stato l'anniversario della prima donna, al mondo, ad essersi laureata: Elena Lucrezia Cornaro Piscopia. La sua storia sembra uscita da un romanzo storico - di quelli che puoi leggere un pomeriggio di ottobre mentre fuori alla finestra vedi scendere una leggera pioggerella e tu sorseggi una calda cioccolata sul tuo divano - ma invece è tutto vero.
Nata il 5 giugno del 1646, quinta di sette figli di Giovanni Battista Cornér - appartenente ad una nobile famiglia veneziana - e di Zanetta Boni, Elena cresce circondata da libri, strumenti musicali e menti brillanti. Fin da piccola dimostra una propensione naturale per le lingue e un’intelligenza fuori dal comune apprendendo il latino e il greco con una facilità disarmante: in poco tempo, in aggiunta a latino e greco, impara l' ebraico, l'arabo, lo spagnolo e il francese, confermando di essere una vera poliglotta. Si appassiona, inoltre, alla musica, alla matematica, alla filosofia e soprattutto alla teologia.
Oltre a ciò, Elena - spinta dall'amore per il sapere - a 18 anni sceglie di diventare un'oblata benedettina unendo, in tal modo, la sua vocazione religiosa alla possibilità di continuare a studiare: era usanza comune, infatti, che a quell'epoca le ragazze di buona famiglia, ad un certo punto, si sposassero per garantire la successione della famiglia. Tuttavia Elena, seguendo l'indole ribelle ma libera della sua mente, capisce che quella non è la strada che desidera e, grazie all'apertura mentale dei suoi genitori, ha la possibilità di continuare a studiare con la consapevolezza di avere tutto il supporto di cui necessitava dalla sua famiglia.
Così chiede di iscriversi all’Università di Padova per conseguire la laurea in teologia, una delle discipline più alte e complesse del tempo ma, qui, la sua volontà si scontra con un muro invalicabile. L'opposizione più dura, infatti, arriva non da un burocrate qualunque ma dal Vescovo di Padova in persona - Gregorio Barbarigo già Cardinale e Cancelliere dell’università - il quale si oppone nella maniera più netta alla richiesta della giovane giacché ritiene inopportuno, e scandaloso, che una donna possa discutere di questioni religiose a livello accademico: a quei tempi la teologia era un campo riservato agli uomini per volere divino e quindi, permettere a una donna di entrare in un campo così elitario, sarebbe stato un precedente pericoloso.
A questo punto Elena avrebbe potuto arrendersi - e molto probabilmente se non avesse avuto la famiglia che ha avuto lo avrebbe fatto - ma non lo fa, non si arrende e anzi, grazie all’appoggio del padre – che le era sinceramente devoto – accetta di cambiare indirizzo di studi optando per la filosofia, un campo comunque nobile e rispettato ma meno “sensibile” dal punto di vista religioso. Ed è così che il 25 giugno 1678 Elena Lucrezia Cornaro Piscopia entra nella storia: nella Sala dei Filosofi dell’Università di Padova, riceve la laurea in filosofia all'età di 32 anni, diventando ufficialmente la prima donna laureata al mondo.
A quel punto la fama di Elena si diffonde rapidamente: la giovane comincia a far parte di varie accademie in tutta Europa e a ricevere la visita di eruditi e studiosi da ogni Paese. Durante tutti questi eventi Elena è sempre molto socievole, apprezza gli incontri, gli scambi e i dibattiti pur mostrando, allo stesso tempo, un temperamento riflessivo e maggiormente incline ad una vita più austera e sobria. Rifiuta perciò il matrimonio - anche quando a chiederla in sposa è un principe tedesco - sigillando, in questo modo, la sua consacrazione agli studi e ad una vita lontana dalla mondanità, dedita al sapere e alle opere di carità. Purtroppo, la sua salute cagionevole non le permette di vivere a lungo: muore a soli 38 anni, nel 1684, probabilmente a causa di una tubercolosi, allora incurabile. Secondo alcuni resoconti, il logoramento fisico era stato aggravato anche dalle privazioni e dal rigore che avevano caratterizzato gli ultimi anni della sua vita.
Il ruolo decisivo della famiglia
All’origine della sua eccezionale laurea vi è stato non solo l’acume della intelligenza e la profondità e ampiezza degli studi di Elena Lucrezia, ma, come spesso accade nei casi di donne colte o artiste dei secoli scorsi, il non meno decisivo riconoscimento e sostegno del padre - egli stesso uomo di buoni studi e noto mecenate - in contatto con molti eruditi ed erede di una biblioteca tra le meglio fornite, visitata da molti studiosi per le loro ricerche. Anche le donne di famiglia non sono state irrilevanti ma anzi hanno mostrato lungimiranza e apertura mentale piuttosto eccezionali per l'epoca storica: la madre di Elena, Zanetta Boni, di umili origini, non solo aveva sposato un nobile veneziano ma aveva anche convissuto vent’anni col futuro marito dandogli i primi cinque figli (Elena compresa) prima ancora di sposarsi con lui.
Perciò, a mio avviso, Elena è stata dotata di una grande intelligenza e di grande talento (e questo è fuor di dubbio) ma è stata anche fortunata ad essere nata in una famiglia che non si è fatta influenzare dai pregiudizi dell'epoca e le ha permesso di continuare a studiare dandole la libertà di scegliere quale tipo di vita condurre. Non è cosa da poco, se pensiamo che siamo nel Seicento e che purtroppo, ancora oggi, non tutte le famiglie hanno la mente e il cuore abbastanza aperti da sostenere davvero le scelte di vita dei propri figli, qualunque esse siano.
Perché parlarne oggi?
Per ricordare Elena e il suo coraggio discreto, ma potente, di dimostrare che il sapere non ha genere; che l’università non è un territorio riservato agli uomini, e che, a volte, per cambiare le cose, basta varcare con determinazione la soglia di un luogo in cui ti dicono che non puoi entrare.
Perché in un’epoca in cui le donne dovevano tacere, Elena ha trovato la sua voce.
In un mondo che le voleva ignoranti, lei ha scelto di studiare.
E in una società che le voleva invisibili, è diventata un faro. Un esempio luminoso per tutte quelle che, dopo di lei, hanno deciso di iscriversi all'Università.
Ed è proprio per questo che Elena Lucrezia Cornaro Piscopia merita di essere ricordata e celebrata, oggi più che mai, come una vera Donna Ribelle.