Neil Young – Love Earth Tour 2025 – Stoccarda
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Neil Young – Love Earth Tour 2025 – Stoccarda

Neil Young and The Chrome Heart - Love Earth World Tour 2025

Stoccarda, Cannstatter Wasen, 08 Luglio 2025

quasi tutto il materiale foto e video è a cura di Anna C.

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Dopo una giornata con tempo instabile e qualche problema con le ferrovie tedesche, io e Anna C. arriviamo al Cannstatter Wasen di Stoccarda sotto la pioggia, ma armati di poncho e berretto. Poteva piovere in Norvegia, in Danimarca, o ancora molto più probabilmente in Irlanda, nelle precedenti tappe, e invece no! Pioggia battente sulla distesa di ghiaia dove domina il palco e dove vari banchetti in stile prettamente teutonico fanno da contorno alla platea.

Mentre si cerca di mangiare qualcosa, e di bere una birra senza che si mescoli troppo al refill della pioggia, ci approcciamo al palco per una prima foto con la strumentazione. Dalle chitarre ai diversi piani, compreso lo storico organo in legno decorato di ornamenti dei nativi americani, dai microfoni issati su aste ricurve in stile “arte moderna” con annesso megafono, alla batteria con il cuore, simbolo del tour “Love Earth World Tour 2025”. In alto, sopra a tutto ciò, il condor con le ali spiegate – che ricorda la copertina dell’album Zuma del 1975 – a nascondere la tastiera che verrà naturalmente utilizzata, come nello storico concerto del ’79, per l’infuocata “Like a Hurricane”.

Ma cominciamo dal principio. L’inizio del concerto, previsto per le 19.30, ritarda leggermente, dandoci il tempo di asciugare un po’ i posti a sedere (da quando a un concerto rock si usano i posti a sedere?!?!) e di metterci comodi, mentre l’aria fresca della serata si mescola a folate di non sospette erbe aromatiche 😛 .

Eccolo che arriva! Il pubblico esulta alla vista di Neil, che fa il suo ingresso con i componenti della band Chrome Hearts: Spooner Oldham (organo Farfisa), Micah Nelson (chitarra, tastiere e voce), Corey McCormick (basso e voce) e Anthony LoGerfo (batteria).

Quasi per magia, proprio mentre fa il suo ingresso, un po’ di sole si intravede al tramonto, alle spalle del palco, e la pioggia si ferma.

p01_concerto

Inizia il concerto. Il primo colpo sulla chitarra acustica che dà inizio ad “Ambulance Blues” mi emoziona subito! Comincia così, con un brano malinconico, quasi un abbraccio al pubblico europeo che non vede da diversi anni. Riecco Neil Young, riecco il bisonte solitario. Il suo sound acustico si fa subito riconoscere.

Ambulance Blues”, già presentata in apertura anche nei giorni precedenti, appartiene all’album “On the beach” (1974) ed è piena di riferimenti a eventi e situazioni di quegli anni. Dai rapporti con CSN alle critiche a Richard Nixon, passando per l’88 di Isabella Street, casa di Toronto dove Neil Young rimase per un periodo con Rick James (altro cantautore americano), e che venne abbattuta nei primi anni ’70.

La chitarra acustica e l’armonica toccano in profondità e l’aria diventa già magica, con le nuvole che nel frattempo hanno lasciato spazio a un cielo sfumato, e i raggi penetranti del sole ci illuminano e riscaldano.

Cambio di chitarre, a Neil la “old black” elettrica e inizia “Cowgirl in the sand”. Pezzo del ‘69 nato in elettrico nell’album “Everybody knows this is nowhere” – ma adorabile anche la versione acustica nel live “Four way street” con Crosby Stills e Nash. Carico di assoli e dialoghi tra le chitarre. Quasi dieci minuti di adrenalina.

Ambulance Blues (p1)

Ambulance Blues (p2)

Cowgirl in the sand (p1)

Cowgirl in the sand (p2)

Si resta sull’elettrico con “Be the rain”, ripreso da Greendale del 2003. Attuale più che mai:

Save the planet for another day
Don’t care what the governments say
We got a job to do
We got to save Mother Earth

Salva il pianeta per un altro giorno
Non ascoltare quello che dicono i governi
Abbiamo un lavoro da fare
Dobbiamo salvare Madre Terra
Be the rain - Neil Young

Canzone di sprono alla salvezza del nostro pianeta e di protesta contro politiche al servizio del dio denaro. I versi della canzone inneggiano a immagini della natura che dovremmo salvaguardare mentre gli slogan che si alternano al megafono sono delle urla contro tutto ciò che stiamo perdendo.

A sorpresa spunta poi “When you dance, I can really love”. Romantica ballata dell’album “After the gold rush” (1970). Sempre carica e piacevole, con il ritornello da ripetere ad libitum e il giro di basso che ti manda in una trans psichedelica (forse stiamo respirando un po’ troppo quel delicato profumo di erbe menzionate sopra?).

Si rimane in elettrico, e si ritorna all’album “Everybody knows this is nowhere” del ’69 con “Cinnamon girl”, scritta mentre aveva la febbre alta, nella sua casa a Topanga in California. Il sound ricorda molto lo stile di Weld, quando ad accompagnare Neil Young c’erano i Crazy Horse.

Be the rain

When you dance I can really love

Cinnamon girl

Il livello sale con “F*!#in' Up” (Ragged Glory, 1990), ruggente, vibrante, ululata al cielo. Considerato il testo della canzone, si tratta più di uno sfogo del cantante, col suo sguardo accigliato, come se ce l’avesse col mondo intero, e la musica si abbina alla perfezione con l’insistente cadenza della batteria che si mescola agli ululati del vecchio bisonte canadese.

Segue “Love to burn”, altro pezzo elettrico che adoro dai tempi di “Weld”, ma che, come la precedente, venne pubblicato qualche anno prima in “Ragged Glory” (1990). Album che includeva, tra le altre, anche pezzi come “Love and only love” e “Mansion on the hill”. “Love to burn” è un inno all’amore, e fatto in elettrico il messaggio arriva ancora più forte:

You got love to burn
You better take a chance on love
You gotta let your guard down
You better take a chance
A chance on love

Devi amare per bruciare
È meglio che tu dia una possibilità all’amore
Devi abbassare la guardia
È meglio che tu dia una possibilità
Una possibilità all’amore
Love to burn - Neil Young

Posate le elettriche, tempo di un sorso per inumidire l’ugola e le corde vocali, e Neil Young resta solo sul palco, seduto davanti alla batteria con la chitarra acustica in mano. E comincia così “The needle and the damage done”. La pioggia fortunatamente si è interrotta a inizio concerto e il leggendario coro “no rain, no rain” sulla quale si avviava questa canzone nel live di “Rust Never Sleeps” non è servito. Breve e struggente, il pezzo parla della tossicodipendenza, e più in particolare, un richiamo per Danny Whitten, leader dei Crazy Horse, che finì irreversibilmente nella spirale dell’eroina. Allo stesso modo, non sembra una condanna diretta, ma un’esortazione a fare attenzione, I know that some of you don’t understand […] but every junkie’s like a settin’ sun.

Il pezzo fa parte di “Harvest” (1972), l’album più venduto di Neil Young contenente anche “Heart of gold” che rimase al top delle classifiche di mezzo mondo per tutta quell’annata.

F*!#in' up

Love to burn

The needle and the damage done

Rientrano i Chrome Hearts e inizia il giro di note sul decimo, undicesimo tasto della chitarra, è il momento di “Harvest Moon”, romantica, nostalgica e sognante, e ripescata dall’album omonimo del 1992 che venne considerato il seguito naturale di “Harvest”, realizzato vent’anni prima.

Prosegue quindi la scia acustica con “Looking forward” del 1999, pubblicata nell’album omonimo prodotto con Crosby Stills e Nash. L’ultima reunion discografica dei quattro per quello che fu il loro ottavo album in studio.

Harvest Moon (p1)

Harvest Moon (p2)

Looking forward

Rientrano le chitarre elettriche ed è il momento di “Sun Green”. Canzone pubblicata con i Crazy Horse nell’album “Greendale” (2003). Il brano prende il nome da un personaggio di uno spettacolo teatrale (e successivamente film) e racconta la storia del crescente attivismo ambientalista di Sun, del suo arresto per possesso di marjuana, dell’incontro con la giovane Earth Brown e della decisione di andare insieme in Alaska. Chiaramente evidenti gli inflazionati riferimenti alla natura.

Ora però è tempo di dimenticarsi delle sedie, di alzarsi in piedi e cantare insieme. Serve una scossa elettrica che ci faccia dimenticare completamente dei ponchi bagnati, della birra insabbiata e di quel testone dai capelli folti e argentei che ci copre parte della visuale. Già dalle fasce laterali una folla in pellegrinaggio avanza per guadagnare metri di visuale dal palco. Le persone della security non capiscono più da che parte stare, se tenere d’occhio il corridoio centrale dove ci sono due ragazzi un po’ brilli con bellissime t-shirt di “Zuma”, o se correre sulle fasce, dove sguardi innocenti avanzano facendo finta di nulla.

Ma chi se ne importa! Guardiamo in alto, il condor che aleggia sopra al palco inizia la sua planata, mentre Micah Nelson si inchina, anzi, si prostra in un’adulazione alla tastiera che scende dal cielo e sulla quale potrà mettere le sue dita. Tastiera che fu suonata dalle sacre mani di Frank “Poncho” Sampedro, componente dei Crazy Horse in diversi periodi storici, incluso quello di “Rust Never Sleeps” (1979). È giunta l’ora di “Like a hurricane”.

Il riff iniziale fa esultare i fans, è fatta, ci alziamo subito in piedi, un fiume di gente straripante davanti al palco che canta, urla e strepita sperando che l’assolo non finisca mai. Pezzo che spacca, adrenalinico, una scossa elettrica!

La carica energica del brano gli ha permesso di sopravvivere e di emergere da un album che aveva canzoni più orientate al country (“American stars’n’bars” del 1977).

Once I thought I saw you
In a crowded, hazy bar
Dancing on the light from star to star
Far across the moonbeams
I know that’s who you are
I saw your brown eyes turning once to fire

Una volta credo di averti vista
In un bar pieno e fumoso
Danzavi sulla luce da una stella all’altra
Lontana sopra i raggi di luna
Io so che quella sei tu
Una volta ho visto i tuoi occhi bruni farsi fuoco
Like a hurricane - Neil Young

Like a hurricane (p1)

Like a hurricane (p2)

Like a hurricane (p3)

Neppure il tempo di un sorso di birra, la chitarra elettrica riparte, si va avanti con “Hey hey, my my (into the black)”. Si rimane in LA minore, quindi una continuità quasi naturale alla precedente canzone.

Il condor e la sua tastiera risalgono in cielo mentre la band infiamma il palco. Il coro della folla è ancora più omogeneo, un tutt’uno con Neil. Un tuffo nel già citato “Rust never sleeps” (1979). Album favoloso che, insieme a “Live rust” dello stesso anno, diede vita anche alla VHS del concerto. Oltre a “Hey hey, my my”, di quell’album vale la pena ricordare “Thrasher”, “Pocahontas”, “Powerfinger”.

Mentre gli ultimi echeggi rock si placano, si cambia registro con “Name of Love”. Brano registrato con Crosby Stills e Nash nell’album “American Dream”, ben diciotto anni dopo il precedente e che ricosse un certo successo negli Stati Uniti. L’attesa per una reunion era stata lunga!

Hey Hey My My (p1)

Hey Hey My My (p2)

Name of love (dal minuto 6.05)

Segue quindi la sacra “Old man”, uno dei brani acustici più apprezzati di Neil Young e che fa parte del già citato album “Harvest” del 1972. La voce tra pubblico e palco è una sola. Questa canzone venne scritta per il custode del Broken Arrow Ranch che Neil Young acquistò nel 1970 e più in particolare parla del confronto tra la vita di un giovane e quella di un vecchio, concludendo che, in fondo, entrambi hanno le stesse necessità:

Old man, look at my life
I'm a lot like you were
[…]
Old man, take a look at my life, I'm a lot like you
I need someone to love me the whole day through
Oh, one look in my eyes and you can tell that's true

Vecchio, guarda la mia vita
Sono molto simile a come eri tu
[…]
Vecchio, dai un’occhiata alla mia vita, somiglio molto a te
Ho bisogno di qualcuno che mi ami per tutto il giorno
Oh, un solo sguardo nei miei occhi e capirai che è vero
Old man - Neil Young

E come un sogno che svanisce all’alba, così si avvia a sfumare la serata. Messi giù gli strumenti, è l’ora di rientrare nella tenda e fumare il calumet della pace. Il bisonte canadese ha mostrato ancora tanta energia nonostante gli 80 anni siano alle porte. Il pubblico lo chiama, chiede il bis, un’ultima magia per salutarci come si deve.

Encore: ROCKIN’ IN THE FREE WORLD
Rieccoli apparire, e arriva la sedicesima canzone a chiudere un super concerto. “Rockin’ in the free world” urlata al cielo, per farci sentire contro i poteri forti, di un Trump, di un Netanyahu e dei loro amici guerrafondai. Esplosiva, carica, adrenalinica.

Old man

Rockin' in the free world (p1)

Rockin' in the free world (p2)

Una setlist un po' avara, ma da questo punto di vista, Neil non ha mai regalato concerti troppo lunghi. In alcuni concerti dell’attuale tour si è impegnato con due canzoni di encore invece di una, ha fatto qualche pezzo grunge in più in scaletta, ma va bene. Siamo contenti e soddisfatti. Ce ne andiamo con la consapevolezza di aver assistito al concerto di una leggenda della musica rock. E speriamo tanto che, nonostante la sua età, sia un arrivederci e non un addio. Torna presto in Europa, Neil!

Set List

01. Ambulance Blues
02. Cowgirl in the Sand
03. Be the Rain
04. When You Dance, I Can Really Love
05. Cinnamon Girl
06. F*!#in' Up
07. Love to Burn
08. The Needle and the Damage Done
09. Harvest Moon

10. Looking Forward
11. Sun Green
12. Like a Hurricane
13. Hey Hey, My My (Into the Black)
14. Name of Love
15. Old Man

Encore:
16. Rockin' in the Free World

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