
Ormai è evidente, l'intelligenza artificiale sta trasformando il nostro modo di vivere e lavorare, ma il suo utilizzo dovrebbe anche essere consapevole e responsabile perché affidarsi ciecamente agli algoritmi senza comprenderne il funzionamento può portare a errori e imprecisioni: la qualità dei dati, la supervisione umana e la consapevolezza dei limiti dell’AI rimangono aspetti fondamentali per evitarne un uso improprio.
È importante che l’AI non intervenga in sostituzione del giudizio umano ma che lo supporti, specialmente in settori delicati come possono essere la sanità e la giustizia. Il suo impatto sul lavoro, inoltre, impone la necessità di formare gli utenti e richiede un'adeguata regolamentazione che ne guidi lo sviluppo per garantire equità, sicurezza, oggettività e correttezza delle analisi dei dati.
Facendo riferimento al lato positivo dell'utilizzo dell’AI, prendiamo come esempio l’ambito medico e sanitario: in questo settore, sta già rivoluzionando diagnosi e trattamenti, migliorando la precisione e la tempestività nell’individuare malattie. Grazie all’analisi avanzata dei dati, in futuro sarà possibile sviluppare cure personalizzate e accelerare la ricerca di nuovi farmaci, offrendo prospettive sempre più promettenti per la salute umana.

Molte innovazioni sono già emerse anche in abito commerciale come, per esempio, nell'analisi dei dati delle vendite, e, in generale, nel mondo dell'e-commerce tramite l'utilizzo avanzato di strumenti come Google Analytics.
L'AI la troviamo anche nel settore musicale, artistico, editoriale: i servizi online che permettono di "creare" usando l'AI sono molteplici e continuano a crescere di giorno in giorno.
Quale può essere il problema in tutto ciò?
Avete presente quando da bambini volevate provare a maneggiare uno strumento, un qualcosa di delicato - tipo una macchina fotografica, un binocolo professionale o un trapano elettrico - e vi veniva negato dagli adulti, dai genitori? Era per il fatto che, in quanto bambini, non conoscevate ancora il valore delle cose, e che, se l'oggetto si rompeva, non lo si poteva ricomprare ogni altro giorno. Insomma, la risposta era sempre "Non è un giocattolo!".
A mio parere, dovrebbe funzionare allo stesso modo con l'informatica, con l'utilizzo dei cellulari e ancor più con l'AI, perché "non è un giocattolo!", e dovrebbe essere gestito da chi ne ha le competenze, esigenze e magari anche in base all'età degli utenti (quest'ultima caratteristica non è sempre una buona discriminante). Attualmente, infatti, c'è uno spreco di energia e spazio senza limiti, con utenti che generano continuamente inutili file solo per condividerli sui social. Troviamo quindi un considerevole numero di articoli "fotocopia" che ripetono alla nausea gli stessi stupidi giochi o "catene di Sant'Antonio". Un illimitato numero di utenti che pubblica le stesse cose fatte con l'AI, che si tratti di chatGPT, Gemini o qualunque altro servizio grafico online.
Pensate già a quante persone pubblicano reel in cui replicano gag già fatte da molti altri prima di loro. Prima dell'avvento dell'AI dovevano almeno perdere tempo nel rigirare la scena mentre ora, con l'AI, bastano pochi secondi per replicare qualunque cosa, finendo con l'essere sommersi da post, reel e quant'altro che lasciano il tempo che trovano, perdono di senso, e chissà, magari saranno un buon motivo per allontanarci dai social network, visto che, già adesso su Facebook, si vedono più post sponsorizzati e sempre meno post dei propri contatti. Se oltre a questo ci mettiamo l'aumento spropositato delle fake news, che con l'AI cresceranno a dismisura, siamo alla frutta!
Se avete pensieri in merito, non esitate a condividerli nell'area commenti, sotto all'articolo.
L'articolo è disponibile anche su "procFrank - Spuntini di informatica, N02/2025".